La
sosta a Safi, sulla costa atlantica del Marocco non era stata
programmata, l' intenzione era raggiungere rapidamente le Canarie, e
per poi proseguire verso Mindelo, nell'arcipelago di Capo Verde,
dove avevo dei charter prenotati.
Eravamo
partiti il giorno precedente da Casablanca assieme al Thallasa,
un piccolo cutter, con scafo in legno a fasciame, condotto da una
simpatica coppia di ragazzi francesi incontrati nel porto della città
marocchina; anche questa era stata una sosta fuori programma, ma non
avevo saputo resistere alla tentazione di una visita ai luoghi di
memorie Boogartiane…,di cui poi non rinvenni nessuna traccia,
trovando solo un porto moto sporco, una città moderna anonima ed una
Medina chiusa e ostile.
In
quell'epoca le previsioni meteo erano alquanto imprecise, e ben
presto ci trovammo di fronte ad una forte burrasca da sw che non
prevista. Fu ben presto impossibile guadagnare strada di bolina, in
particolare il Thallasa,
investito dai pesanti colpi di mare, imbarcava molta acqua dai
comenti della coperta, con il sopraggiungere della notte decidemmo
quindi di prendere la cappa e di attendere tempi migliori.
Con
la trinchetta da tempesta a collo, la randa di mezzana, terzarolata e
cazzata a ferro e barra al centro, il Gaia
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si dispose subito col mare al mascone, e parve rilassarsi
assecondando ora le grandi onde che non frangevano più sulla sua
prua ma scorrevano, quasi dolcemente, sotto la chiglia.
Al
sopraggiungere di una livida alba ci trovammo di fronte ad uno
scenario assolutamente sconfortante; spumeggianti treni di onde si
susseguivano nella medesima direzione, il vento non accennava a
calare, ed anche le previsioni captate da radio Casablanca,
confermavano il perdurare delle condizioni di burrasca per le
prossime dodici ore.
Il
Thallasa,
durante la notte, aveva mantenuto circa la medesima posizione
rispetto a noi, all’orizzonte un cargo appariva e spariva nel cavo
delle onde, il mare oceano non era deserto, ci sentivamo meno soli.
Dopo
un breve consulto via radio vhf con gli amici francesi, fu presa la
decisione più ragionevole; si poggiava e ci si andava ad infilare
nel porto di Safi, che distava poco più di venti miglia sottovento.
Fu
una saggia decisione, perché ci permise di effettuare uno scalo
molto affascinante e anche di divenire inconsapevoli vittime di un
innocente e simpatico raggiro.
Safi
è sede di una numerosa flotta da pesca, ed è uno dei porti, di
questo tipo, più grande, vivo ed animato che io abbia mai visitato;
il bacino portuale è difeso da ovest a sud da una lunga scogliera il
pietre calcaree, infilare in sicurezza la stretta imboccatura tra la
scogliera e le alte falesie della costa, fu un operazione fatta non
senza qualche brivido, perché l'ingresso era solo in parte ridossato
dalle aggressive onde oceaniche sospinte da ventiquattro ore di
burrasca. Appena giunti in acque più calme fummo accolti da alte
banchine industriali, su cui giacevano agonizzanti e rugginosi
macchinari, trovammo al fine pace affiancati a una banchina in
cemento, meno irta di spunzoni e detriti ferrosi, posta all'inizio
del canale che conduce al colorato bacino da pesca. Poco distante
dal porto una cinta di sbrecciate mura in pietra calcarea, racchiude
una città medioevale, percorsa da un intricatissimo dedalo di
viuzze, con piccole piazze, caravanserragli, shuok, moschee ed una
vivace popolazione apparentemente sempre indaffaratissima a muoversi
di qua e di là ed a commerciare semplici e povere mercanzie d’ogni
genere; questo però lo scoprimmo più tardi, solo dopo aver
attraccato ed espletato, le pratiche d’ingresso, in Marocco
complesse ed estenuanti.
L'approdo
all'alto molo di cemento lo trovammo solo perché scorsi una figura
che si sbracciava animatamente indicandoci d’accostare, altrimenti
saremmo inevitabilmente penetrati nel vietatissimi porto
peschereccio.
L’uomo
della provvidenza, che indossava una sdrucita uniforme blu con
bottoni d’ottone e un copricapo a visiera rigida, ci aiutò
solertemente nell’ormeggio, e non prima d’averci avvertito delle
forti escursioni marea, si presentò:
“Je
suis Amid, le Captain du Port, bien arrivé a Safi…, s'il vous
plait donné moi votre papier pour le formalité”
Restammo
tutti un poco stupiti dalla prassi abbastanza inusuale, e con Jan (lo
skipper di Thallasa)
scendemmo a terra dicendo al “Capitano”
che se gentilmente c’indicava dove si trovassero i vari uffici
avremmo provveduto personalmente.
Una
breve discussione, punteggiata da vivaci espressioni d’amicizia e
disponibilità da parte del “Capitano”,
portò alla conclusione che potevamo consegnargli i documenti e
seguirlo nei vari uffici.
Iniziò
cosi’ un tortuoso giro tra i vari edifici che sorgevano tutti nelle
vicinanze della banchina cui il Gaia
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il Thallasa
erano ora ormeggiati. Davanti alla porta d’ogni ufficio, il
“Capitano”,
con
un imperioso
“Attendé ici”
spariva all’interno armato di tutti i nostri documenti, per uscirne
da lì a poco, con qualche altra scartoffia in mano e la richiesta di
una modesta somma di danaro “pour
le tampon”,
dopo circa un’ora e svariati: “pour
le tampon”
rientrammo esausti alle nostre barche.
Ero
stanchissimo e non vedevo l’ora di buttarmi in cuccetta, ma mi
senti in obbligo d’invitare a bordo Il “Capitano”
che
sì scherni assicurandoci che sarebbe venuto ben volentieri la sera,
ora potevamo stare tranquilli, tutte le formalità erano risolte, e
per sua particolare regalia, avremmo potuto attingere gratuitamente
alla manichetta dell’acqua (che naturalmente era lontanissima dal
nostro ormeggio), ed unica cosa, prima di recarci in città avremmo
dovuto portare i
passaporti alla polizia,
che si trovava giusto all’uscita del recinto del porto.
All’ufficio
di polizia, furono estremamente cortesi, ed insolitamente rapidi,
salutandoci sulla porta, il sottufficiale ci raccomandò di attingere
liberamente alle manichette dell’acqua, a Safi, l’acqua era per
tutti gratuita!
Stavo
per obiettargli che poc’anzi anche il “le
Capitan du port…”,
ma Jan, strattonandomi con decisione, e salutando cerimoniosamente il
sottufficiale, mi condusse fuori dell’ufficio, prima che potessi
completare la frase.
Al
nostro rientro dal primo giro ricognitivo nella vecchia Medina,
trovammo Amid che ci attendeva sulla banchina, aveva in mano una
vecchia sporta della spesa in vimini intrecciati, con i manici legati
ad una sagoletta, c’invitò da avvicinarci ed ad osservare:
raccolse da terra una pietra e la depose all’interno della sporta,
poi calò il tutto in mare, nell’interstizio tra
la
murata della nostra barca e la banchina, dopo un breve intervallo di
tempo, tirando sulla sagoletta recuperò la sporta di vimini, che era
ricolma di una grande quantità di gamberetti!
Ci
ritirammo tutti nell’accogliente quadrato del Gaia
2,
e mentre le ragazze s’occupavano dei gamberetti, Amid iniziò una
sistematica esplorazione del bar di bordo, che era ampiamente
rifornito con rimasugli di alcolici di svariate origini. In breve,
senza metodo, Amid si scolò Bitter Campari, Raki turchi, Rum
Antillesi, Jerez Andalusi, e quant’altro andava trovando!
Quando
alla fine della serata, Amid ci lasciò, portandosi sottobraccio le
ultime bottiglie di superalcolici rimaste, il nostro bar del era
completamente prosciugato, ed anche noi, costretti per dovere
d’ospitalità ad assaggiare ogni liquido alcolico, eravamo
piuttosto alticci.
L’indomani
mattina, decisi di recarmi in Capitaneria per vedere le ultime
informazioni meteorologiche, sicuro d’essere ben introdotto, data
la mia recente ed alcolica amicizia con “le
Captaine”;
giunto di fronte ad una porta su cui campeggiava, in lucide lettere
d’ottone, la scritta “Captain
du Port”,
bussai e ed entrai deciso senza attendere la risposta.
Con
mia gran sorpresa, dietro ad un’ampia scrivania, dove pensavo di
trovare l’amico Amid, sedeva un distinto signore dai capelli
brizzolati e dall’impeccabile uniforme blu adorna di lucidi bottoni
dorati….farfugliai delle confuse scuse per il mio poco ortodosso
ingresso e chiesi se cortesemente potevo avere l'ultimo bollettino
meteorologico.
Mentre
rientravo in barca, con in mano la stampata del meteo fax,
consegnatami da un subalterno del Capitano del Porto, scorsi una
minuscola e un poco curva figura in blu sdrucito, che saliva la scala
metallica della torretta del faro del porto.
Il
brutto tempo perdurò ancora per alcuni giorni, per tutto il periodo
in cui restammo ancora a Safi, non incontrai più Amid, che venni a
sapere essere solo il guardiano
del faro!