venerdì 21 ottobre 2016

iL falso capitano di Safi













La sosta a Safi, sulla costa atlantica del Marocco non era stata programmata, l' intenzione era raggiungere rapidamente le Canarie, e per poi proseguire verso Mindelo, nell'arcipelago di Capo Verde, dove avevo dei charter prenotati.
Eravamo partiti il giorno precedente da Casablanca assieme al Thallasa, un piccolo cutter, con scafo in legno a fasciame, condotto da una simpatica coppia di ragazzi francesi incontrati nel porto della città marocchina; anche questa era stata una sosta fuori programma, ma non avevo saputo resistere alla tentazione di una visita ai luoghi di memorie Boogartiane…,di cui poi non rinvenni nessuna traccia, trovando solo un porto moto sporco, una città moderna anonima ed una Medina chiusa e ostile.
In quell'epoca le previsioni meteo erano alquanto imprecise, e ben presto ci trovammo di fronte ad una forte burrasca da sw che non prevista. Fu ben presto impossibile guadagnare strada di bolina, in particolare il Thallasa, investito dai pesanti colpi di mare, imbarcava molta acqua dai comenti della coperta, con il sopraggiungere della notte decidemmo quindi di prendere la cappa e di attendere tempi migliori.
Con la trinchetta da tempesta a collo, la randa di mezzana, terzarolata e cazzata a ferro e barra al centro, il Gaia 2 si dispose subito col mare al mascone, e parve rilassarsi assecondando ora le grandi onde che non frangevano più sulla sua prua ma scorrevano, quasi dolcemente, sotto la chiglia.
Al sopraggiungere di una livida alba ci trovammo di fronte ad uno scenario assolutamente sconfortante; spumeggianti treni di onde si susseguivano nella medesima direzione, il vento non accennava a calare, ed anche le previsioni captate da radio Casablanca, confermavano il perdurare delle condizioni di burrasca per le prossime dodici ore.
Il Thallasa, durante la notte, aveva mantenuto circa la medesima posizione rispetto a noi, all’orizzonte un cargo appariva e spariva nel cavo delle onde, il mare oceano non era deserto, ci sentivamo meno soli.
Dopo un breve consulto via radio vhf con gli amici francesi, fu presa la decisione più ragionevole; si poggiava e ci si andava ad infilare nel porto di Safi, che distava poco più di venti miglia sottovento.
Fu una saggia decisione, perché ci permise di effettuare uno scalo molto affascinante e anche di divenire inconsapevoli vittime di un innocente e simpatico raggiro.
Safi è sede di una numerosa flotta da pesca, ed è uno dei porti, di questo tipo, più grande, vivo ed animato che io abbia mai visitato; il bacino portuale è difeso da ovest a sud da una lunga scogliera il pietre calcaree, infilare in sicurezza la stretta imboccatura tra la scogliera e le alte falesie della costa, fu un operazione fatta non senza qualche brivido, perché l'ingresso era solo in parte ridossato dalle aggressive onde oceaniche sospinte da ventiquattro ore di burrasca. Appena giunti in acque più calme fummo accolti da alte banchine industriali, su cui giacevano agonizzanti e rugginosi macchinari, trovammo al fine pace affiancati a una banchina in cemento, meno irta di spunzoni e detriti ferrosi, posta all'inizio del canale che conduce al colorato bacino da pesca. Poco distante dal porto una cinta di sbrecciate mura in pietra calcarea, racchiude una città medioevale, percorsa da un intricatissimo dedalo di viuzze, con piccole piazze, caravanserragli, shuok, moschee ed una vivace popolazione apparentemente sempre indaffaratissima a muoversi di qua e di là ed a commerciare semplici e povere mercanzie d’ogni genere; questo però lo scoprimmo più tardi, solo dopo aver attraccato ed espletato, le pratiche d’ingresso, in Marocco complesse ed estenuanti.
L'approdo all'alto molo di cemento lo trovammo solo perché scorsi una figura che si sbracciava animatamente indicandoci d’accostare, altrimenti saremmo inevitabilmente penetrati nel vietatissimi porto peschereccio.
L’uomo della provvidenza, che indossava una sdrucita uniforme blu con bottoni d’ottone e un copricapo a visiera rigida, ci aiutò solertemente nell’ormeggio, e non prima d’averci avvertito delle forti escursioni marea, si presentò:
Je suis Amid, le Captain du Port, bien arrivé a Safi…, s'il vous plait donné moi votre papier pour le formalité”
Restammo tutti un poco stupiti dalla prassi abbastanza inusuale, e con Jan (lo skipper di Thallasa) scendemmo a terra dicendo al “Capitano che se gentilmente c’indicava dove si trovassero i vari uffici avremmo provveduto personalmente.
Una breve discussione, punteggiata da vivaci espressioni d’amicizia e disponibilità da parte del “Capitano, portò alla conclusione che potevamo consegnargli i documenti e seguirlo nei vari uffici.
Iniziò cosi’ un tortuoso giro tra i vari edifici che sorgevano tutti nelle vicinanze della banchina cui il Gaia 2 e il Thallasa erano ora ormeggiati. Davanti alla porta d’ogni ufficio, il “Capitano”, con un imperioso “Attendé ici” spariva all’interno armato di tutti i nostri documenti, per uscirne da lì a poco, con qualche altra scartoffia in mano e la richiesta di una modesta somma di danaro “pour le tampon”, dopo circa un’ora e svariati: “pour le tampon” rientrammo esausti alle nostre barche.
Ero stanchissimo e non vedevo l’ora di buttarmi in cuccetta, ma mi senti in obbligo d’invitare a bordo Il “Capitanoche sì scherni assicurandoci che sarebbe venuto ben volentieri la sera, ora potevamo stare tranquilli, tutte le formalità erano risolte, e per sua particolare regalia, avremmo potuto attingere gratuitamente alla manichetta dell’acqua (che naturalmente era lontanissima dal nostro ormeggio), ed unica cosa, prima di recarci in città avremmo dovuto portare i passaporti alla polizia, che si trovava giusto all’uscita del recinto del porto.
All’ufficio di polizia, furono estremamente cortesi, ed insolitamente rapidi, salutandoci sulla porta, il sottufficiale ci raccomandò di attingere liberamente alle manichette dell’acqua, a Safi, l’acqua era per tutti gratuita!
Stavo per obiettargli che poc’anzi anche il “le Capitan du port…”, ma Jan, strattonandomi con decisione, e salutando cerimoniosamente il sottufficiale, mi condusse fuori dell’ufficio, prima che potessi completare la frase.
Al nostro rientro dal primo giro ricognitivo nella vecchia Medina, trovammo Amid che ci attendeva sulla banchina, aveva in mano una vecchia sporta della spesa in vimini intrecciati, con i manici legati ad una sagoletta, c’invitò da avvicinarci ed ad osservare: raccolse da terra una pietra e la depose all’interno della sporta, poi calò il tutto in mare, nell’interstizio tra
la murata della nostra barca e la banchina, dopo un breve intervallo di tempo, tirando sulla sagoletta recuperò la sporta di vimini, che era ricolma di una grande quantità di gamberetti!
Ci ritirammo tutti nell’accogliente quadrato del Gaia 2, e mentre le ragazze s’occupavano dei gamberetti, Amid iniziò una sistematica esplorazione del bar di bordo, che era ampiamente rifornito con rimasugli di alcolici di svariate origini. In breve, senza metodo, Amid si scolò Bitter Campari, Raki turchi, Rum Antillesi, Jerez Andalusi, e quant’altro andava trovando!
Quando alla fine della serata, Amid ci lasciò, portandosi sottobraccio le ultime bottiglie di superalcolici rimaste, il nostro bar del era completamente prosciugato, ed anche noi, costretti per dovere d’ospitalità ad assaggiare ogni liquido alcolico, eravamo piuttosto alticci.
L’indomani mattina, decisi di recarmi in Capitaneria per vedere le ultime informazioni meteorologiche, sicuro d’essere ben introdotto, data la mia recente ed alcolica amicizia con “le Captaine”; giunto di fronte ad una porta su cui campeggiava, in lucide lettere d’ottone, la scritta “Captain du Port”, bussai e ed entrai deciso senza attendere la risposta.
Con mia gran sorpresa, dietro ad un’ampia scrivania, dove pensavo di trovare l’amico Amid, sedeva un distinto signore dai capelli brizzolati e dall’impeccabile uniforme blu adorna di lucidi bottoni dorati….farfugliai delle confuse scuse per il mio poco ortodosso ingresso e chiesi se cortesemente potevo avere l'ultimo bollettino meteorologico.
Mentre rientravo in barca, con in mano la stampata del meteo fax, consegnatami da un subalterno del Capitano del Porto, scorsi una minuscola e un poco curva figura in blu sdrucito, che saliva la scala metallica della torretta del faro del porto.
Il brutto tempo perdurò ancora per alcuni giorni, per tutto il periodo in cui restammo ancora a Safi, non incontrai più Amid, che venni a sapere essere solo il guardiano del faro!











2 commenti:

  1. Userò questi brevi racconti per avvicinare mia moglie alla lettura di storie di mare. I libri di mare spesso non sono molto diversi da una raccolta coordinata di racconti che si sviluppano di porto in porto

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  2. Ciao Gianni, se ti piacciono questi racconti, potresti leggere e far leggere a tua moglie, mio libro "Un Porto un racconto -Dieci avventure nei Caraibi occidentali" .:)

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